Ho conosciuto Sergio Colorio nel 1982, attraverso
una telefonata. Avevo 18 anni e facevo la mia “gavetta” come
cronista sportivo in un’emittente radiofonica di Mestre
allora affermata, Novaradio. Questo signore molto appassionato
di quello che stava facendo, mi “inizia” alla ginnastica
artistica magnificando i campionati italiani assoluti che di
lì a poco si sarebbero svolti al Palasport di via Cavergnaghi,
che non si chiamava ancora Taliercio, dal nome del direttore
del Petrolchimico assassinato dalle Brigate Rosse.
Invito Colorio in radio per la domenica precedente la gara: io sono in
studio per coordinare il pomeriggio sportivo, che prevede la partita
del Mestre e poi quella della squadra di basket. Mentre Daniele Pivato,
al telefono, racconta la partita degli arancioni, io registro una breve
intervista con Colorio, che mi parla di Diego Lazzarich, Andrea Corrà,
Antonella Tommasutti. Non è ancora presidente della Spes, la carica è nelle
mani di Adriano Moscati che però sta lasciando per motivi di lavoro.
Mando in onda l’intervista durante l’intervallo della partita
e decido: quel fine-settimana cambierò i miei programmi ed andrò al
Palasport.
Ero imbranatissimo: il mio equipaggiamento consisteva in un registratore
a cassette abbastanza pesante, a tracolla; un telefono di tipo unificato
(i cellulari non esistevano ancora) da attaccare sulla nostra presa disponibile
al Palasport; una radio che mi ero portato da casa per sentire la messa
in onda; idem per la cuffia. Aggiungete in più la mia inesperienza
di giovane già esperto di radio (cominciai a trasmettere a 15
anni) ma totalmente digiuno di giornalismo anche sportivo. Ma il miracolo
si verificò: i campioni arrivavano alla mia postazione, mi affascinò la
bella interprete dell’allenatore Sergio Shenderey, alternavo dirette
e interviste registrate, ed uscivo ogni giorno con uno specialino di
un quarto d’ora con quanto avevo realizzato. E allora, mi capitò un
banco di prova non da poco, grazie a Colorio. La domenica mattina portai
negli studi di Novaradio il presidente federale Bruno Grandi, il suo “braccio
destro” Luigi Cimnaghi e i giornalisti esperti di ginnastica Pettè e
De Martini per un bel dibattito che durò mezz’ora, nel quale
io scandivo i ritmi. Insomma, a Colorio è legato un momento importante
della mia crescita professionale e dell’innamoramento che costantemente
nutro per il mio lavoro.
Da allora sono passati un po’ di anni, ma Colorio non mi ha mai
perso di vista, rincorrendomi (come del resto fa con gli altri colleghi)
ad ogni iniziativa, che sia della Spes o del Panathlon. Insieme ci è venuta
l’idea di raggruppare in un libretto questi anni di Spes. Non solo
quelli della presidenza, indubbiamente importanti perché forieri
di una svolta, ma anche quelli giovanili, anzi addirittura infantili,
dall’iscrizione in poi.
Il progetto nato da noi due, è stato poi sviluppato insieme con
Augusto Berton, giornalista che ha seguito la crescita di Colorio come
dirigente negli anni giovanili, ed al quale è affidata la parte
iniziale di questo racconto. Un grande contributo lo danno poi Francesco
Marcuglia, che solo per problemi lavorativi non è tra gli autori
di questo libro, e il disegnatore Paolo Ongaro, uno dei vanti di Mestre,
uomo di bravura non comune, al quale sono affidati dei “commenti
disegnati”.
Quanto a me, come in ogni cosa che mi piace, mi ci sono buttato a capofitto,
sia per la stima nei confronti di Colorio e della Spes, sia perché questa
società è certamente parte della mia vita professionale
e quindi personale, visto che nel mio caso è difficile distinguere
le due cose.
Tanto era necessario per spiegare come nasce questo libretto: adesso tuffiamoci
nel Colorio-pensiero...
Buona lettura!
Davide Camera
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