ADDIO A SERGIO ENDRIGO

 

E così, a 72 anni, si è spento a Roma un altro dei "padri storici" della canzone italiana, vincitore anche di un Sanremo nel 1968 con "Canzone per te"in coppia con Roberto Carlos, impegnato in vari fronti artistici e negli ultimi anni in rotta di collisione con il business musicale, come raccontava il suo amaro romanzo "Quanto mi dai se mi sparo?", che aveva diversi lati autobiografici, naturalmente non la vicenda-base della trama, né il finale. Endrigo aveva fatto la gavetta vera, prima di riuscire a farsi notare e ad emergere musicalmente. Si arrabbiò solo con Noschese perché, dato che Endrigo aveva una faccia triste quando cantava, lo raffigurava come un beccamorto. Furono felici anche le sue incursioni nel mondo della canzone per bambini, collaborò con Rodari, con Vinicius De Moraes e Toquinho; basta pensare alla semplicità di una canzone come "Ci vuole un fiore" per spiegare in fondo la profondità di pensiero (da condividere in questo caso con Gianni Rodari) e la bravura musicale di Endrigo, oppure un verso come "La solitudine che tu mi hai regalato io la coltivo come un fiore". Ma la mia preferenza assoluta va per una canzone forse tra le meno note di Endrigo, sigla di una serie del programma televisivo "Di tasca nostra": si chiamava "Mille lire" e, attraverso quello che una volta era il simbolo della ricchezza, raccontava com'era cambiato il mondo in pochi decenni. Mi piace ricordare Endrigo, nato a Pola e vissuto nei suoi anni giovanili a Venezia, mentre gli ultimi anni li ha trascorsi a Roma. Qualcosa ci accomuna, e mi dispiacque molto quando lo sentii stonare a Sanremo perché l'udito non era più quello di una volta. Poi arrivarono malanni più gravi, e adesso l'addio. Grazie di tutto, Sergio; speriamo che il mondo della musica ti ricordi come meriti, e soprattutto che ti ricordi.

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