SIAMO TUTTI CAMPIONI DEL MONDO



24 anni fa. Dov'ero, quando gli azzurri di Bearzot vincevano la Coppa del Mondo? Me lo ricordo benissimo, dov'ero. Come oggi, lontano dalla mia famiglia. Ma non ero solo, eravamo in tanti, ad Angers, bellissima cittadina francese sulla Loira: un mese di studio, un corso intensivo previsto dall'Istituto Tecnico per il Turismo che io frequentavo. 24 anni fa: ne avevo 18, la tv era già a colori da qualche anno, non era più una sorpresa ma un'abitudine. I telefonini non c'erano, al massimo qualche ricco poteva avere il radiotelefono in auto. Di personal computer manco a parlarne, si scriveva a macchina, e già un miracolo era il fax, che si chiamava telecopier e i fogli erano di carta chimica, bianchi davanti e azzurri sul dorso. 24 anni fa: parlavo già alla radio, a metà tra il DJ e il giornalista, che cominciavo a fare seriamente. Ero a Novaradio, da un anno, per la prima volta, quell'estate, mi allontanavo di casa così tanto, e da quel mese in Francia sarei tornato uomo, molto più maturo e disincantato.

Ero ad Angers, eravamo in tanti, raggruppati nell'atrio della scuola, davanti a quella tv che trasmetteva quarti, semifinali e poi la finale Italia-Germania. I francesi tifavano per noi, così come i ragazzi spagnoli che non perdevano occasione per dire “Viva Espana y viva Italia”. C'era un solo ragazzo tedesco, solitario e poi sconfitto. La telecronaca, con il cronista francese che accentava tutti i nostri cognomi alla fine. La delusione per il rigore di Cabrini, e poi il crescendo finale, i tre gol italiani, e quello di Breitner che era come se non avesse neppure segnato. E poi in giro per Angers a gridare la nostra felicità, a sgolarci dicendo i nomi dei calciatori, da Zoff ad Altobelli. 24 anni fa.

24 anni dopo. Solo, a casa mia, a Roma. Senza nessuno con cui dividere direttamente, ma solo telefonicamente, la mia ansia da tifoso. Sono 42enne, sempre radiofonico, giornalista, ora professionista, conduttore con un turno appena concluso e mentre rincaso, attraverso le stazioni della metropolitana che, invece di esalare la solita musica, echeggiano la voce di Riccardo Cucchi: saprò così del vantaggio di Zidane e sentirò in diretta del pareggio di Materazzi. A casa per il secondo tempo e per tutto il resto. Sembra non finire mai, invece finisce, e siamo campioni del mondo, battiamo la Francia ai rigori. Dalla Spagna alla Germania, 24 anni dopo, con Lippi e Cannavaro, con Buffon e Gattuso, con Totti e Del Piero, con Zambrotta e Perrotta, con Toni e Gilardino, Oddo e Grosso, Barzagli e Materazzi. Computer, ADSL, siti vari, sito personale; telefonino che riceve il messaggio dell'amico Luca Lazzari, telefono che mi fa comunicare con le persone care, Skype che a fatica mi fa parlare con Paolo Starvaggi. Tutto diverso, 24 anni dopo: non c'è più Nando Martellini, non ci sono più Ameri e Ciotti, anche se Cucchi e Gentili alla radio mostrano una volta di più di esserne gli eredi, così come Corsini incarna il seguito naturale di Bortoluzzi e Provenzali dallo studio. La radio è una grande certezza, sulla tv – o meglio sulle tv – magari non è il caso di esprimersi a caldo. È cambiato tutto, 24 anni dopo. Tranne due cose: la Coppa Fifa è sempre quella, opera tra l'altro di uno scultore italiano, Silvio Cazzaniga. L'altra cosa uguale ad allora? Le lacrime. Sì, ho pianto di nuovo, di gioia: 24 anni dopo. Campioni del mondo. Grazie, ragazzi.



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